La psicologia della nonna o meglio la saggezza della nonna è, mi pare, in parte fondata su un lungo, lunghissimo repertorio di motti. Cioè quando voi siete lì a boccheggiare come una carpa fuori dall’acqua indecisi sul da farsi , ecco là che come una pugnalata alle spalle scatta il motto.
Il concetto è molto semplice: ovviamente tutti conoscevano l’amara verità che ora vi si palesa innanzi inaspettata. E perchè? Grazie alla saggezza popolare.
Premesso che non voglio mettere in discussione le competenze di nessuno e che ho massima fiducia nelle nonne dei miei figli e nelle nonne in generale (perchè donne, avete sopportato e tirato su tre belle generazioni!!!), devo confessare che a volte questi detti mi sembrano un po’ tirati per le orecchie. Cioè al 90 % li hanno inventati sul momento per ostentare una pregressa competenza che non hanno. Cioè parlano sull’onda dell’appena avvenuta rivelazione e come si dice a Roma (testuale ): “ve stanno a cojonà !!!”
Fatte queste essenziali premesse che vogliono essere spunto per un più approfondito dibattito, possiamo partire con le basi. Appunto “Quello che ce mette ce ritrovi”.
Questo detto, miei cari, mie care, è un po’ la summa di secoli di sapere. Cioè riassume in sè tante cose: in senso proprio una sapienza culinaria maturata nei secoli; in senso più lato e piacevolmente metaforico può nascondere piccoli riferimenti a situazioni più piccanti.
Ad esempio, se voi avete cucinato una teglia di lasagne che normalmente costerebbe 15 o 20 euro e vi è costata 50 euro perchè avete ecceduto con tutto (mozzarella a blocchi, una mandria di ragù, torrenti di pomodoro etc. etc.), sappiate che i commensali potrebbero celebrare il vostro capolavoro così : “Quello che ce metti ce ritrovi”.
Come a dire che la somma e la materia prima rappresentano un investimento tale che era impossibile fallire. Quindi voi non contate. Il fatto che vi siate alzate per cucinare alle 4 di mattina è ininfluente e non è merito vostro se la lasagna è venuta bene. Perchè? Perchè “quello che ce metti ce ritrovi”. Ma non abbattetevi, tutto sommato tutto ciò potrebbe essere un elogio alle vostre capacità di discernimento. Quello che avete messo nel calderone l’avete scelto voi o no? Certamente, quindi in fondo siete da lodare anche voi.
Ecco, questa dunque è un’accezione positiva dell’espressione. Potrebbe però andarvi peggio, molto peggio.
Ad esempio, se avete impiegato nella frittura di qualsivoglia alimento un olio scadente, scrauso nelle lingua del volgo, ed il vostro fritto ha un retrogusto di marmitta bruciata ed un colore poco invitante di castoro unto, i commensali potrebbero usare parimenti il motto CONTRO di voi. Cioè ci avete messo un olio imbarazzante e che pretendevate?
Ma l’uso più ardito, il più pindarico dell’espressione è quello delicatamente metaforico. Io ho avuto la fortuna di saggiarne l’impiego nel dolce apostrofare una giovane coppia presa dal giubilo per l’avvento di un’inattesa gravidanza.
Così i giovani, sorpresi dall’imprevisto evento, furono bacchettati : “Embè? quello che ce metti ce ritrovi, no?”
Perciò memori del famoso detto è il caso di dire “prendete le giuste precauzioni” in cucina, come nelle vita…
La nonna è in agguato !!
N.B. in questo post ho sentito l’esigenza di curare particolarmente il registro linguistico adottato vista la natura psicologica e filosofica della dissertazione.
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