Oggi, vi parlo di un libro veramente molto particolare,
“L’uomo che gli alberi amavano” di Algernon Blackwood, edito da @galaadedizioni.
Un romanzo weird, molto bello che a me è piaciuto veramente tanto.
La trama
La storia sembra, all’apparenza piuttosto semplice e lineare.
Una coppia, gli anziani coniugi Bittacy, vivono in una bella tenuta al limitare della foresta.
Lei,Sophia, è una donna mite e timorata di Dio.
Lui, David, è un amante della natura, che prima di tornare nella campagna dello Hampshire, ha trascorso diversi anni in India, per una spedizione.
In quei luoghi così difficili e diversi ha iniziato a provare una certa curiosità, o addirittura attrazione, nei confronti degli alberi.
Ma la moglie non riesce a comprendere questo interesse del marito,che anzi sembra addirittura renderla inquieta.
Nonostante ciò, i due raggiungono un loro equilibrio fatto di argomenti e pensieri taciuti, almeno finché David non incontra Sanderson. Sanderson è un pittore che sembra cogliere la vera essenza degli alberi, riconoscerne l’anima e la coscienza. Fra lui e David inizia un dialogo appassionato, che racconta di percezioni e visioni; di una realtà che dall’amore sfocia in un’ossessione pericolosa.
La mia opinione
Comincio con il dire che il libro colpisce per l’atmosfera particolarissima che l’autore evoca intorno ai personaggi. Blackwood è stato un maestro nell’infondere un carattere sinistro quasi horror in ciò che appartiene al quotidiano.
E questo a detta nientemeno che di Lovecraft, che cito testualmente:
“Nessuno ha mai eguagliato la bravura, la serietà e la minuziosità con cui [Blackwood] registra le sfumature dell’inquietante nelle cose e nelle esperienze ordinarie”
E allora questo libro è in grado di produrre nel lettore un’inquietudine costante, alternando le descrizioni di una natura potente e imponente alla percezione di misteriose entità silvestri che la animano. E così si vivono le pagine con un senso d’attesa, e l’ansia per gli sviluppi sovrannaturali della vicenda.
Ma cerchiamo di considerare i dettagli più interessanti con maggiore attenzione.
I personaggi. La descrizione dei personaggi, la loro evoluzione, gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della storia.
David Bittacy ha scoperto in India una natura potente e selvaggia ed è rimasto stregato da essa. Ha raggiunto una comunione spirituale con il mondo naturale così intensa da non potersene più separare, nemmeno dopo il rientro in Inghilterra. Sophia Bittacy, è una moglie devota, e una donna molto religiosa. Pronta al sacrificio, ma incapace di accettare ciò che è irrazionale o non è riconducibile alla sua dottrina di fede. Vede nella passione del marito per la foresta qualcosa di misterioso e insidioso e guarda con terrore il limitare della foresta, come fosse un abisso pericoloso.
Inizialmente per desiderio di armonia, i due rinunciano a confessarsi i loro pensieri.
Ma la conoscenza di un giovane pittore, Sanderson, cambia tutto.
Sanderson riesce a capire gli alberi, percepisce in loro una vitalità speciale, una sorta di coscienza o personalità, perché possiede un istinto divinatorio speciale. E in lui Bittacy trova l’interlocutore ideale. Il giovane pittore aiuta David a interpretare i segni della natura. Dà a David gli strumenti per entrare veramente in contatto con il mondo naturale e così legittimare la sua ossessione nei confronti degli alberi.
L’ambientazione. Le descrizioni della natura accanto al cottage sono magnifiche. Ma l’autore non si limita a dipingere ciò che è oggettivo e reale, enfatizzando i dettagli più sinistri e spettrali. Fa molto di più. Affinché la natura intorno ai Bittacy abbia l’influenza sui personaggi necessaria a innescare il cambiamento, la tramuta in un’entità viva e dinamica. E questa entità comunica con David, esercita su di lui un richiamo che lo attrae pericolosamente.
Sulla moglie di David questo richiamo però produce un effetto diverso. Risveglia in lei un terrore atavico. La paura che queste forze che assorbono il marito siano la manifestazione di qualcosa di maligno.
Lo stile.La scrittura di Blackwood è meravigliosa. Da un lato traduce la spiritualità intensa e straordinaria dell’autore. È lirica, fortemente evocativa, intrisa di un profondo senso di ammirazione e meraviglia. Dall’altro è perfettamente efficace nel rendere il senso di ansia e irrequietezza dei protagonisti. In altre parole, Blackwood trasforma ciò che è sconfinato e magnifico in un abisso di oscurità, una presenza profonda ed estesa come un mostro assopito.
Tutto ciò rende agli occhi del lettore le visioni e le percezioni dei personaggi, quasi ipnotiche. E l’amore per la bellezza della natura viene tanto amplificato nel racconto da diventare magnetico e attrarre a sé i protagonisti fino a sprofondarli in una sorta di delirio in cui il confine fra reale e immaginario si perde.
Ringrazio la Ce per la copia