Oggi parliamo di “L’ira di Venere” di Piergiorgio Pulixi edito da @centoautoriedizioni
Il libro è una raccolta di racconti noir veramente molto belli.
La trama.
Ogni racconto ha una protagonista femminile, la cui vicenda, viene ricostruita fino al resoconto del crimine commesso.
Ogni racconto rievoca una colpa, una sofferenza, una storia dolorosa, capace di trascinare il lettore nel labirinto tortuoso della mente umana. È un viaggio senza possibilità di ritorno, che spinge le sue protagoniste a sprofondare in un baratro spaventoso, che coinvolge il lettore avvolgendolo in una nebbia oscura e insidiosa.
La mia opinione.
Comincio con il dire che secondo me scrivere racconti non è affatto facile. Per quanto le pagine a disposizione per ogni storia non siano moltissime, il lettore cerca nei racconti un’esperienza completa, quanto a emozioni, costruzione della trama, ritratto dei personaggi.
E devo dire che in questo caso l’autore è stato bravissimo a centrare l’obiettivo: ogni racconto è un piccolo gioiello che brilla di una luce intensa. Ma procediamo con ordine…
I personaggi. In alcuni racconti ricorre la figura di Carla Rame, un commissario di polizia intuitivo, brillante, e soprattutto una donna, capace perciò di comprendere le donne di fronte a lei.
Il Commissario Rame è una poliziotta che analizza in modo oggettivo le situazioni, ne comprende la complessità, ne percepisce le sfumature. Eppure sospende ogni giudizio.
È tutrice della giustizia, ma è pienamente consapevole che la differenza fra bene e male, fra vittime e carnefici sia spesso labile.
” Ma risero. Come due donne ferite dagli uomini. Due donne che si beffano della loro stessa ingenuità e del loro cieco darsi senza risparmiarsi. Del loro ostinato correre incontro allo strapiombo.”
Le donne che incontra – e in generale le protagoniste dei racconti, fatta eccezione per alcuni casi – sono personaggi che arrivano al crimine come unica possibilità di salvezza, che uccidono per proteggere se stesse o la loro vita.
E poi ci sono protagoniste che prendono la via del crimine per affermare loro stesse, non solo per vendetta, ma per assicurarsi la vita o la posizione che vorrebbero.
L’ambientazione. I racconti hanno come sfondo gli scenari più vari. Sono luoghi appena accennati resi soffocanti e inquietanti dalle tinte noir della narrazione. L’ansia, la paura, la rabbia vi spingeranno a concentrarvi sulle protagoniste, quasi perdendo la capacità di orientarvi nei luoghi fisici del racconto.
Alcune immagini, per quanto costruite su alcuni rapidi cenni, sono decisamente vivide. Terezìn è forse il racconto che in questo senso mi ha colpito di più: una malvagità perversa nascosta in un angolo di paradiso.
La bellezza dei luoghi in contrasto con la follia del male.
Lo stile. La scrittura di Pulixi è avvolgente, evocativa di sensazioni forti e profonde. L’autore riesce a creare con la sua bella prosa un equilibrio affascinante, che dà alla realtà dei fatti diverse sfumature, che altera la percezione dei fatti da parte del lettore. Riesce cioè a raccontare l’assoluta semplicità, inevitabilità, quasi “normalità” del crimine, di un delitto. Ricostruisce con grande lucidità quelle situazioni in cui le donne maltrattate, offese, sfruttate o umiliate, arrivano a compiere un crimine, senza quasi accorgersene. Non c’è premeditazione, non c’è sadismo, forse solo spirito di sopravvivenza.
Alcune dimenticano persino quello che hanno fatto. Altre, pur sapendosi indifendibili, confessano la loro colpa come fosse l’esito inevitabile di una brutta parabola.
Il loro sfogo è sincero, autentico.
Perché leggere questo libro
È un libro che vi farà arrabbiare o provare un forte senso di pena; e pur condannando ogni crimine, a volte sentirete maggiore pietà maggiore per il carnefice che per la vittima.
Perché capirete come l’esperienza di alcune di queste donne sia solo il tragico epilogo di un’esistenza in cui i ruoli sono stati a lungo rovesciati.
Ringrazio Autore e CE per la copia in omaggio
Post by Sara P.