Lia, ovvero la puntualità -Parte I-

27 Mag 2020 | racconti brevi

Il giorno che Lia doveva presentarsi al colloquio di lavoro non era sorto sotto i migliori auspici.
Lia era una giovane donna sui 35 anni, alta, formosa al punto giusto e con degli occhi color nocciola molto belli e profondi che trasmettevano una calma e sicurezza che a volte, ahimè, a Lia stessa mancavano. Per quel fatidico giorno la ragazza aveva calcolato con cura e minuzia l’ora a cui la sveglia doveva suonare perché lei potesse fare le cose “con calma”. Il “con calma” di Lia era normalmente un anticipo mostruoso aggravato in quella circostanza dallo scattare dell’ora legale. Era dunque prima del prima. Quali erano le opportunità che si affacciavano alla sua giornata? Vedere il sole sorgere mentre arrivava all’appuntamento; viaggiare comoda in un bus notturno, perché le corse ordinarie non erano nemmeno iniziate, e una volta arrivata lì, sul posto, protetta da un passamontagna ed armata di piede di porco aprire lei stessa la porta della filiale. Cioè era chiaro da queste semplici considerazioni che se fosse uscita in quel momento l’anticipo sarebbe stato eccessivo. Allora come si poteva organizzare? Dopo essersi preparata il più lentamente possibile, dosando i gesti e le sue movenze con cura e girando intorno al tavolino tre volte, invece di andare direttamente al bagno si era fermata di fronte alla porta. Certo i tempi morti prima dei grandi eventi non aiutano: troppo tempo per pensare. Così l’ansia sale. L’agitazione si mostra in un crescendo: prima si contano i passi mentre sembra impossibile fermarsi, poi è il momento delle povere dita. Uno le tormenta e gli dà il supplizio finché si può e poi tocca allo stomaco, che si ritorce e comincia ruggire. Ma, in fondo, era sempre stato così: questa cosa dei “tempi” era la vera fissazione di Lia. Lia temeva in modo ossessivo, quasi compulsivo, di arrivare tardi agli appuntamenti. Lo aveva fatto sin dal momento del suo concepimento. La mamma della giovane donna all’epoca, si godeva allegramente le appena celebrate nozze con il neo marito “dondolando” felicemente con lui sulla cuccetta del treno. Il treno li conduceva verso la meta del viaggio di nozze e per il momento, credevano loro, verso una vita di divertimento. Quello che non sapevano era che Lia nel pensatoio già aveva fretta e che avrebbe germogliato presto. Così “attecchì” immediatamente, le raccontava sconsolata sua madre, quando le mostrava le foto del pancione ormai evidente già pochi mesi dopo il matrimonio. E poi venne il momento di nascere. Anche in quel caso Lia non tradì le aspettative, sgusciando fuori dalla madre con un mese e mezzo di anticipo. La bambina, nostra futura eroina, organizzava tutto sin da neonata, pianificando i tempi con largo anticipo. E non tollerava i ritardi. Qualche volta, quando era a pranzo dai suoi, il padre le mostrava le foto che le aveva scattato da ragazzina. Quelle di cui andava più orgoglioso erano proprio quelle che mostravano la tempra, questo rigore della figlia: memorabili scatti in cui la madre trascinava la bimba, che avrà avuto ormai 5 o 6 anni, lungo la strada. La faccia del tesorino era deformata dalla smorfia delle urla, gli occhi sgranati e gonfi di pianto. Perché? Perché la madre, povera crista, aveva ritardato il pranzo. La sua ossessione per i giusti tempi aveva dunque profonde radici, era il suo modo di essere da sempre ed a volte le aveva portato bene a volte meno. Si potrebbe fare a tale proposito un rapido riepilogo dei fatti più importanti della vita della nostra eroina.
Scuola dell’obbligo conclusa nei termini di tempo (la legge frenava in quel caso le sue smanie).
Laureata in anticipo.
Dottorato concluso in anticipo.
E poi c’era naturalmente il colloquio di oggi: un’intervista per un posto normalmente riservato a funzionari più anziani di lei.
Diciamo pure che negli studi e nella carriera lavorativa l’anticipo le portava fortuna. Ma nella vita privata? In quel campo un po’ meno. Ci furono dei casi clamorosi. Chiese ad esempio con troppo anticipo a Fidanzato Numero Uno di andare a convivere e lui per tutta risposta, terrorizzato dalle responsabilità, staccò il telefono, abbandonò il suo appartamento e partì senza meta apparente, per scomparire il prima possibile. Le inviò qualche tempo dopo una simpatica cartolina dalla Svezia, in cui le confessava di non essere portato per le situazioni stabili e che non sapeva quando sarebbe tornato. Era a caccia di se stesso e voleva diventare un naturalista. Così lui finì disperso tra i Fiordi di non so dove mentre cercava il luogo di nidificazione di un raro pennuto dal nome impronunciabile; lei capì che bruciare i tempi non era la soluzione migliore, spesso e volentieri.
L’altro episodio significativo è legato a Fidanzato numero Due. Fu un classico, da manuale. All’epoca lui faceva un master in una qualche regione del nord, si dovevano vedere il fine settimana, ma lei presa come al solito dalla smania di fare prima, si presentò a casa sua. Lo trovò naturalmente in dolce compagnia. Certo era stata impulsiva, si diceva ripensandoci “a posteriori”, espressione quanto mai appropriata in questo caso, poiché non ebbe modo di vedere il lato A della gentil pulzella. E non ebbe mai modo di capire veramente se il suo lui avesse preferito a lei l’altra per un fatto estetico. Ma comunque si consolò con dei semplici pensieri. Il primo era che il servizio ferrovie era stato straordinariamente efficiente e l’aveva condotta lì addirittura prima del prima. La seconda che la politica del “nega sempre, anche con le mutande calate” non funziona sempre, anzi se sei in déshabillé e non brilli per intelligenza ti rende ridicolo. Lui non le sembrò particolarmente arguto quando le disse che era la signora delle pulizie che stava rifacendo il letto. Terzo: menomale che è successo perché la sua smania la stava spingendo a compiere nuovamente l’errore che aveva fatto con Fidanzato numero uno e la sua coscienza non avrebbe potuto sostenere un altro disperso vittima dei fiordi del nord. Quel giorno riprese subito il treno che la riportò a casa. Il treno fece 20 minuti di ritardo. Piove sempre sul bagnato.
Allora ritornando al tempo presente, quali potevano essere le ragioni della sua ansia? La paura di arrivare tardi, o che l’anticipo potesse portarle sfiga?
A volte crescere non porta solo a maturare e smussare le asperità del carattere, ti regala la consapevolezza. E la consapevolezza produce nuove ansie.

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