Oggi, nel consueto spazio dedicato a recensioni libri e consigli di lettura, vi parlo di “L’artiglio del tempo” di Anna Vera Viva edito da Garzanti.
Il volume racconta la seconda avventura del prete di Sanità, Don Raffaele, e di suo fratello, il Boss Peppino.
Il romanzo è un giallo autoconclusivo con un intreccio di base abbastanza lineare, arricchito però da una serie di flashback, e dal richiamo continuo a fatti accaduti in un passato per tanti dimenticato.
Come a dire che, secondo me, il talento assolutamente straordinario di Anna Vera Viva, si palesa nell’aver costruito una trama che non stordisce il lettore, non lo confonde, ma lo conquista con una solida ossatura e con una splendida caratterizzazione dei personaggi.
Ma vediamo un po’ di cosa parla questo romanzo!
Siamo alla Sanità, a Napoli, e un uomo anziano, che gestisce un negozio di cappelli viene trovato morto.
Sembra una morte naturale o un drammatico incidente causato dall’età avanzata dell’uomo.
Ma non tutti sono d’accordo.
Il giovanissimo amico dell’uomo, un ragazzino ancora in età da scuola, non crede a questa versione.
Nonostante la differenza di età il bambino era il confidente del cappellaio, e ha visto e sentito cose che gli altri adulti ignorano.
Si rivolge allora a Padre Raffaele, perché lui è un uomo che ascolta.
Il prete e la perpetua -Assuntina- si mettono al lavoro.
Ma non è un’impresa facile.
Samuele è sopravvissuto ai campi di concentramento, ma sulla sua morte aleggia ancora l’ombra di quel passato che in molti hanno dimenticato.
E la Sanità è il tavolo da gioco su cui trame e interessi di personaggi oscuri e pericolosi si intrecciano.
Fra loro c’è anche Don Peppino, il fratello malavitoso del sacerdote.
Ma quale team investigativo può sperare di avere maggiore successo di un prete, una perpetua e un ragazzino?
Loro non molleranno fino alla fine, perché il mondo degli onesti si costruisce a partire dalle piccole cose, dalla speranza che non muore.
Bellissimo! Imperdibile!
Ed è molto difficile raccontare l’esperienza di lettura in modo da rendervene pienamente partecipi, ma io ci provo comunque, perché il libro merita veramente.
Iniziamo con la caratterizzazione dei personaggi.
Padre Raffaele è un uomo che regala un’immagine di sé confortante, solida, persino protettiva a chi gli è intorno.
Ma la verità è che spesso sente un peso enorme pesargli sulle spalle.
A volte dubita di se stesso, teme di avere in sé quello stesso marcio che ha il fratello Peppino, e si domanda se le sue radici gli consentiranno di essere un buon prete. Non riesce a cancellare il legame di sangue con il boss, ma se ne vergogna.
Prova a pensare che le difficoltà della vita lo abbiano corrotto, ma non riesce a giustificarlo completamente.
Cerca con tutto se stesso di sottrarre alla strada e alla corruzione i ragazzi intorno a lui, perché in loro rivede se stesso e vuole dare loro la possibilità di sottrarsi all’ inevitabile destino che altrimenti li attenderebbe.
E va costantemente a caccia di giustizia, anche quando la cosa diventa estremamente pericolosa.
La perpetua Assuntina è una sorta di inarrestabile ciclone. infaticabile ai fornelli così come nella ricerca del pettegolezzo “utile”, è l’informatrice principale del prete.
È quella con cui tanti parlano, e per quanto all’apparenza sembri solo una chiacchierona, ha invece una grande capacità di notare quei dettagli necessari a far progredire le indagini.
Il boss Peppino è un uomo pericoloso e complicato. Quando è stato privato di tutto da un destino avverso ha preso l’unica strada che riteneva possibile. Ha ucciso, compiuto atti criminosi, in cerca di una posizione e del successo, e senza esclusione di mezzi li ha ottenuti. Ma non ha mai dimenticato il fratello.
Il ricordo della loro infanzia insieme è l’unica briciola che gli resta di un tempo che sembra appartenere a un’altra esistenza.
Ma, nonostante sia un criminale temuto, è rispettato non solo per paura, ma per l’alone di giustizia che riesce a sprigionare.
Queste sfumature arricchiscono ciascuno dei personaggi, e sono l’aspetto che attribuisce maggiore tridimensionalità e che assottiglia i confini fra loro.
Dal punto di vista stilistico e narrativo, mi sono piaciuti molto due elementi:
Nella prosa, l’alternanza di espressioni dialettali e lingua letteraria aggiunge credibilità alla storia e permette di attribuire una personalità meglio definita ai personaggi.
Per quanto riguarda l’intreccio, ho trovato molto bello questo doppio binario narrativo e cronologico, che lega lo sviluppo delle indagini al racconto drammatico della persecuzione degli ebrei.
Questo passato di ingiustizia e crimini orrendi contro l’umanità, viene intrecciato sapientemente a un presente in cui malavita e criminalità sono una presenza ingombrante nei vicoli di Napoli.
Ma la città sa resistere e i protagonisti di questa storia sono coraggiosi e indomiti.
Non si lasceranno zittire da nessuno.
Come avrete capito a me questo libro è piaciuto tantissimo.
Mi è rimasto nel cuore, e credo sia un romanzo che meriti i primi posti sul podio del giallo made in Italy .
Perciò,
Ve lo straconsiglio!
Ringrazio l’autrice per la copia,
Post by Sara P.