Oggi parliamo di “La Salita dei Giganti. La saga dei Menabrea ” di Francesco Casolo edito da Feltrinelli, che ringrazio infinitamente per la copia in omaggio.
Il libro, un romanzo molto bello, racconta la storia della famiglia Menabrea vista attraverso gli occhi di Genia, una delle figlie di Carlo Menabrea.
La trama.
I Menabrea, in origine commercianti di lana e tessuti, in una mossa tanto azzardata quanto ambiziosa, decidono di cambiare attività e puntare tutto sulla birra. Vogliono portare la bevanda in Italia. Sembrano dei folli, dei sognatori che inseguono un miraggio, ma Carlo e suo padre Giuseppe hanno la determinazione dei pionieri, la passione dei visionari .
E soprattutto hanno le donne Menabrea. Sì perché dopo la morte di Giuseppe, suo figlio Carlo cerca di avvicinare la sua secondogenita, Genia, all’attività di famiglia.
Genia è coraggiosa e curiosa, ama le storie sulla birra che prima il nonno e poi il papà le raccontano. E anche se ha solo sei anni, sgattaiola ovunque nella fabbrica cercando di scoprire i trucchi dei grandi, la magia di cui loro soli sono capaci, e che trasforma i chicchi in birra. Ma un triste destino attende Genia e le Menabrea, che sole si ritroveranno a gestire una fabbrica in un’epoca in cui nessuno vuole fare affari con una donna.
E così il sogno di due uomini diventerà il destino di due donne che non conoscono la paura e la rinuncia.
Piene di bellezza, dignità e forza…come i Giganti del Monte Rosa.
La mia opinione.
Ho trovato questo libro veramente molto bello, una storia appassionante con una protagonista femminile, Genia, che vi dispiacerà lasciare a fine lettura. È certamente una delle saghe familiari più belle che io di recente abbia letto. Ma procediamo con ordine.
L’ambientazione. Meravigliosa. Io poi amo profondamente la montagna e gli scenari descritti – i valichi con i ruscelli, i percorsi da fare a dorso d’asino, i Giganti che appaiono maestosi e imponenti- riempiono le pagine di bellezza e di forza…E c’è un senso di appartenenza profondo, come se alcuni personaggi, determinati e inarrestabili, fossero stati forgiati dalla stessa materia delle loro montagne.
E poi c’è la fabbrica di Birra a Biella. Uno stabilimento della fine del 1800 in cui la modernità e i segreti di un’antica produzione si mescolano creando l’incantesimo più bello.
“L’odore della fabbrica cambiava costantemente a seconda dell’ora del giorno, della settimana e della stagione, e in quel preciso momento c’erano malto fermentato, oli meccanici per far funzionare gli ingranaggi e le pulegge, mosto lasciato a cuocere nei pentoloni di rame.”
E mentre il ritmo delle stagioni -l’inverno a Biella, l’estate a Gressoney- scandisce la vita dei personaggi, voi seguirete Genia tra i macchinari e i tini della fabbrica, o dai nonni sulle montagne. E vedrete crescere il suo amore per le tradizioni e i luoghi della famiglia Menabrea.
I personaggi. I Menabrea sono walser e vengono da generazioni di mercanti. Sono stati anche loro fra quei montanari che superavano i ghiacciai e per mesi trascinavano le loro mercanzie di città in città per venderle. Ma Carlo e suo padre Giuseppe vogliono di più.
” I Menabrea vendono tessuti dal 1500, almeno. Da tre secoli, e bisogna che cambiamo – disse Carlo imitando il tono di suo padre.
Ma quindi la birra è perché il nonno era stufo?
Sì -rise- più o meno.”
E la loro “scommessa” finisce con il coinvolgere tutta la famiglia. La loro avventura diventa perciò una saga familiare che vede entrare in scena diversi personaggi.
La personalità di ciascuno di loro, però, è così ben definita, da renderlo unico e affascinante.
C’è appunto Carlo Menabrea: bello, sognatore, sempre in movimento. Un uomo pieno di risorse che ama in modo profondo le sue figlie, e che da loro è adorato
“Non era arrabbiato. Era divertito. Sentì di amarlo da impazzire quel padre sempre in viaggio, sempre in giro. Sempre “bambine torno presto “, e poi non tornava mai.”
C’è sua moglie Eugenia, fedele, devota, una compagna leale.
E poi le bimbe: Albertina, Genia e Maria (la più piccola).
Albertina e Genia sono molto diverse fra loro
“Erano sempre state in due. Una irrequieta, avventurosa ed energica, lei, e l’altra, Albertina, delicata di carattere e fragile per costituzione. “
E anche per questo Genia verrà scelta come erede designata da papà Carlo.
E nella crescita queste creature dolci, che fanno tenerezza, si trasformeranno in donne diverse da tutte le altre.
Soprattutto Genia, che diventerà una donna passionale, pronta a ogni cosa per ottenere ciò che vuole.
Lo stile. Il romanzo è scritto in terza persona raccontando le vicende dal punto di vista di Genia. Ogni fase della sua vita è scandita da perdite e scoperte. L’autore è bravissimo a raccontare le esperienze di Genia con la prospettiva sempre nuova di chi sta crescendo e può così maturare una consapevolezza diversa di sé e del suo mondo. Credo inoltre che alla base di questo libro ci sia un lavoro veramente notevole di ricerca e ricostruzione storica. E le pagine non sono mai noiose, nemmeno nel racconto della produzione della birra. Insomma un bel romanzo in cui, con una prosa curata e accattivante, l’autore dà carattere alla storia.
Perché leggere questo libro…
A me è piaciuto tantissimo: ho adorato la protagonista, Genia. Una bimbetta che “un piede davanti l’altro ” scala le montagne, resiste alle perdite, e custodisce l’eredità di famiglia con determinazione.
Perciò se cercate un personaggio carismatico, capace di regalarvi tanto, questo è il libro per voi: proverete tenerezza, un senso di complicità, e grande empatia.
E poi se siete appassionati di montagna (e di birra) scoprirete delle cose interessantissime.
Io amo imparare dai libri, mentre la magia dei protagonisti mi incanta.
E che altro dire?
Leggetelo
Post by Sara P.