Gianni, ovvero la distrazione – Parte II –

26 Mag 2020 | racconti brevi

Gianni era sempre stato un ragazzino carino e simpatico, affettuoso e socievole. Crescendo non aveva perso quest’aspetto “solare” che abbinato ad una bella presenza gli garantiva un certo successo con le donne. Era alto, moro, con un bel sorriso e denti bianchi, due occhioni neri profondi ed arrivato ai 40 anni sprizzava ormai virilità da tutti i pori. Eppure sulla lunga durata le sue relazioni con le donne non funzionavano. Non aveva il complesso di Peter Pan e non era né maschilista né irrispettoso delle donne. Il problema era un altro. Gianni perdeva tutto: perdeva le chiavi, perdeva gli occhiali, perdeva perfino i treni e gli aerei.

Ma cominciamo dal principio. Sua madre si accorse del difettuccio del bambino quando ormai dodicenne tornò da scuola dicendo che aveva perso la bicicletta con cui era uscito la mattina. Certo, verrà subito da pensare che il ragazzino fosse stato all’epoca vittima di una qualche ruberia da parte di incalliti criminali o di qualche perfido scherzo di spregevoli bulli. Sembrerebbe pure logico, ma dai fatti che seguirono poi, nel corso del tempo, la mamma capì che la storia era verosimile.

Ma procediamo con ordine. Dopo aver perso la bicicletta quel dì Gianni fu costretto per gli anni che seguirono ad andare a scuola a piedi, camminando. La madre per quanto intenerita dalla sofferenza del figlio e dispiaciuta per la scomparsa della bici, non poteva proporre al ragazzino una soluzione alternativa. In verità, prima di andare in ufficio lasciava la paghetta necessaria a Gianni perché comprasse la merenda ed il biglietto dell’autobus. Con grande rammarico, però, la solerte genitrice presto realizzò che questi soldini erano fra quelle cose che il figlio perdeva regolarmente.

Il caso vuole però che il bambino perdesse, solo la metà dell’importo, quella necessaria al biglietto dell’autobus, ma fortuna vuole che la pizza comprata da Gianni lievitasse da sola miracolosamente raddoppiando il suo volume rispetto alla spesa. Tanti gridarono al miracolo, Gianni si limitò ad essere soddisfatto perché in fondo quelle vettovaglie erano necessarie dal momento che doveva arrivare a scuola a piedi. Così la pizza raddoppiata provvidenzialmente lo consolava e rifocillava dalla lunga passeggiata.

Poi Gianni dopo una settimana di lunghe camminate nel freddo e nella pioggia, cominciò a perdere la strada per la scuola. Ma la provvidenza intervenne di nuovo. Dopo un’accorata telefonata della professoressa di matematica, la madre ed il padre di Gianni aiutarono il figlio a ritrovare la via. Il papà di Gianni si levò lo zoccolo, sua mamma prese il cucchiaio di legno e mentre correvano tutti e tre attorno al tavolino, i due poveri genitori a gesti e con una certa veemenza diedero al figlio il La per ritrovare ciò che aveva perduto.Negli anni successivi le perdite si alternarono alle scoperte e alle conquiste, così che i genitori del ragazzo pensarono che il problema fosse risolto.

Ma quando arrivarono le donne, la faccenda si complicò di nuovo.Con la prima fidanzata, Sofia, aveva perso la dignità quando lei lo aveva lasciato. L’aveva corteggiata ancora e ancora, per poi scoprire che lei già da tempo aveva un altro. Pieno di rancore, allora, aveva perso la quota vacanze di lei giocando a poker. Si erano lasciati poco prima di partire per le vacanze e lei gli aveva da poco dato la sua quota pacchetto da versare all’agenzia.

Con la seconda fidanzata, Lucia, memore del tradimento della prima, aveva perso la pazienza quasi subito. Un giorno lei gli disse in un modo estremamente contorto, che citiamo testualmente, che “lo amava, ma non lo amava abbastanza, almeno come si amano quelli che si devono amare tutta la vita”; Gianni non capì molto del discorso in sé, ma ebbe modo di riflettere sul fatto che se si perdono i sinonimi è dura mantenere viva l’attenzione di chi ascolta. Così aveva perso la fiducia nelle donne e nei rapporti di lunga durata.

Ma il record in assoluto, che lui ricordasse, in campo di “perdite” lo aveva registrato con la storia della Signora Leda. Prima di diventare direttore come era adesso, aveva lavorato nell’ufficio di un manager di lì. Il lavoro gli piaceva pure: il capo non era troppo esigente; il suo ruolo non era vitale per l’azienda. Così non si sentiva in colpa per le sue piccole “sviste” quotidiane. Il fatto però è che il suo capo aveva alla fortuna di gestire una fiorente attività, sommava quella di avere un altrettanto fiorente moglie. Questa “Signora” pare fosse animata da un’insaziabile voglia di fare sempre nuove conoscenze e quando vide Gianni, già dopo poche ore aveva capito che faceva al caso suo. Cominciò a presentarsi in ufficio negli orari più insoliti, quando era sicura che non ci fosse il marito. Lisciava Gianni e gli parlava in un modo così suadente che un giorno, interpretando i chiari messaggi di lei, Gianni perse il controllo degli ormoni.

Sfortuna volle che quel giorno però perdesse anche la cognizione del tempo e che il rancoroso cornuto lì trovasse così, mentre lui faceva da poltrona a lei. Così perse anche il lavoro, i pantaloni e l’areo per andare a trovare i suoi amici fuori, visto che le chiavi della macchina le aveva perdute facendo “Sedia, sediola”. Era chiaro che non fosse possibile ritornare a recuperarle e così? Così Gianni perse la speranza di trovare l’anima gemella e si rassegnò a concentrarsi solo ed esclusivamente sul lavoro.

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L’ASCENSORE, Parte V

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