Oggi, nel consueto spazio dedicato a recensioni libri e consigli di lettura, vi parlo di “Essere figlio di Oscar Wilde. Il grande scrittore e la sua famiglia nel racconto inedito del secondogenito Vyvyan Holland” a cura di Merlin Holland, pubblicato da La Lepre Edizioni.
Il volume, che raccoglie il racconto bellissimo e intenso di uno dei figli di Wilde, non è propriamente un saggio, non è una biografia del grande scrittore, è qualcosa di più…
Mi spiego meglio: vi siete mai chiesti cosa ci sia dietro il profilo pubblico dei grandi autori che hanno fatto la storia della letteratura?
Oppure, vi siete mai domandati come fosse quella parte di loro che conoscevano solo i familiari, o gli amici più stretti?
O, infine, come si viveva una relazione o la semplice quotidianità con personaggi così straordinari?
Ecco, secondo me questo libro risponde a tutti questi interrogativi.
Oscar Wilde, infatti, è indirettamente protagonista di queste pagine, che più che ricostruire i fatti salienti della sua vita e della sua carriera, raccontano l’eco che questi ebbero sulla sua famiglia. Prima di tutto su Vyvyan, il figlio minore.
E nascono pagine emozionanti, che hanno la spontaneità e l’autenticità di una storia vissuta. Pagine in cui rivivono gli affetti, e la malinconia tinge i ricordi affidati da padre a figlio fino a Merlin Holland.
Il libro -racconta proprio Merlin nell’introduzione- fu pubblicato per la prima volta nel 1954.
E Merlin anni più tardi ne curò una nuova edizione, corretta, integrata.
Perché? magari vi domanderete.
Perché in questo libro riconobbe prima lo sforzo emotivo di suo padre di rivivere “quei giorni della sua infanzia, quando era ancora un ragazzo, ma già un orfano” e poi la sua voglia di rompere le barriere.
In ogni singola riga, voi, questi sentimenti riuscirete a percepirli!
Insomma, io ho trovato questo libro meraviglioso perché è innanzitutto un atto d’amore ripetuto di generazione in generazione con lealtà e dedizione.
E poi è certamente “toccante” “delicato” “senza amarezza” “fiero e intenso” come è stato definito – ci riferisce Merlin nelle prime pagine- dalla critica negli anni successivi alla pubblicazione.
Ma cerchiamo di capire un po’ meglio cosa troverete in queste pagine.
Per gli amanti di Oscar Wilde è, a mio avviso, una lettura imperdibile:
si tratta di un ritratto dello scrittore dipinto da una prospettiva decisamente diversa.
I suoi successi, le cadute, e la sua tragica parabola vengono filtrati attraverso le esperienze di Vyvyan -suo figlio minore-, del primogenito Cyril e della moglie Constance Lloyd.
Holland inizia con il ricostruire la storia della famiglia Wilde e le sue origini irlandesi.
Racconta di come suo padre fosse stato uno studente di un talento fuori dal comune, prestante, amante della bellezza. Poi seguono gli anni felici del matrimonio e dell’infanzia dei bambini, fino a quel tremendo 1895, l’anno in cui Wilde fu arrestato e condannato ai lavori forzati per due anni.
Wilde nella successione di questi eventi è sempre rappresentato come il protagonista di un ricordo intimo e familiare e non di un semplice e asettico documento storico.
È molto diverso dal dandy “esteta appassito e piuttosto effeminato” descritto in tante biografie.
Ed è raccontato con la dolcezza tipica dei ricordi dell’infanzia:
“La maggior parte dei ragazzi adora il proprio padre e noi adoravamo il nostro e, come tutti i bravi papà, lui per noi due era un eroe. […] In lui non c’era niente del mostro che alcune persone, che non lo hanno mai conosciuto e nemmeno mai visto, hanno cercato di farlo diventare.”
C’è il ricordo di un padre diverso dagli altri, affatto severo, ma che invece ha in sé la natura del fanciullo, che si mette in ginocchio a giocare con i giocattoli dei figli.
E anche quando la parabola degli eventi travolge Vyvyan non c’è astio o rancore, ma solo la consapevolezza dell’unicità dell’uomo:
“viveva in un mondo artificiale in cui le uniche cose che contavano davvero erano l’arte e la bellezza [….] Questo gli conferì quell’orrore della convenzionalità che alla fine lo distrusse.”
Anche la narrazione delle vicissitudini vissute da Vyvyan, suo fratello, e sua madre Constance è estremamente affascinante, e la rappresentazione dei personaggi meravigliosa.
Con l’incarcerazione di Wilde, iniziò per loro un esilio che durò più di tre anni. Un periodo in cui Constance e i figli cercarono in ogni modo di sfuggire alle drammatiche conseguenze dello scandalo. Viaggiarono nel continente, in Svizzera, Italia, Germania. Cambiarono cognome e cercarono di mantenere nascoste le loro identità.
Il ritratto di Constance è bellissimo: un madre che cerca in ogni modo di proteggere i figli da ogni dolore, che è profondamente infelice, ma che non rinuncia alla sua dignità e al tentativo di assicurare un futuro ai figli. Una donna che mostra un’incredibile forza d’animo.
E questi ragazzini, che la vita fa crescere troppo in fretta – Vyvyan aveva solo nove anni quando vide per l’ultima volta suo padre- ispirano una profonda tenerezza: alternano le marachelle dell’età a rinunce affrontate con il coraggio dei grandi.
Da quanto vi ho raccontato, immagino abbiate già capito che ho amato questo libro.
Aggiungo solo che in appendice al libro troverete anche alcune lettere, e brevi racconti inediti di Wilde.
Perciò, non perdetevelo !
Ringrazio la CE per la copia.
Post by Sara P.