Perdersi… e poi ritrovarsi (menomale)

24 Set 2020 | Caro diario

A tutti noi, prima o poi, sarà capitato di perdersi temporaneamente. A seconda delle vite epiche, avventurose, esagerate, che avete vissuto fino al fatidico momento, questo “perdersi” può avere significati diversi, più o meno metaforici, più o meno eleganti. Nel mio caso, il mio “perdermi” , non è granché suggestivo ed intrigante, lo definirei piuttosto “letterale”. Io sono purtroppo dotata di uno scarso, scarsissimo senso dell’orientamento. Così mi accade che a volte mi trovo a vagare felicemente confusa attorno alla mia destinazione pianificata.

Mi rendo conto però, che il fenomeno è piuttosto diffuso, anche se certi individui orgogliosi stentano ad ammetterlo.

Ho notato, ad esempio, che in alcuni scenari particolari, la mente umana subisce una sorta di regresso, una drastica contrazione dei neuroni, una abbassamento improvviso del quoziente intellettivo, normalmente attribuibile a quell’individuo.

Un classico sono le stazioni dei treni, gli aeroporti, le stazioni metro. Per qualche strana ragione, che l’essere umano non può comprendere, quando ad un desk per un qualsivoglia check in vi forniscono delle semplici ma fondamentali informazioni,  si fa grossa fatica ad interpretarle.

Ad esempio se vi dicono “signora, dritta per il corridoio, scala mobile, poi a sinistra, gate n. 6” è già troppo.  Innanzi tutto, quando queste parole vengono pronunciate in tali contesti, sembrano avere un suono oscuro per voi. Così vi insospettite. “scala mobile” ripete spavaldi e beffardi come se aveste subito scoperto l’assurdità di una falsa verità. Guardate di sbieco l’addetto/ addetta, per scorgere eventuali segnali di un bluff. Ma quando realizzate che non avrebbe alcuna ragione di mentirvi, perchè dà indicazioni per mestiere, capite che è troppo tardi. La vostra capacità di concentrazione è pericolosamente svanita, mandata in fumo dalla dettagliatissima descrizione del periglioso itinerario.  Così rincoglioniti vagate scambiando la destra per la sinistra, la scala mobile per una rampa elicoidale, ed il gate n.6 diventa un miraggio. Vi dite pure che è colpa del sistema per giustificarvi, “ma che cazzo lo hanno chiamato a fare gate? Poi dici che ti perdi, con gli inglesismi che ti stordiscono”. Ecco questo l’ho felicemente udito da un avventore insoddisfatto, durante un mio viaggio.

L’aeroporto, potreste però dire per giustificarvi, è un contesto dispersivo, in cui potrebbe essere oggettivo il rischio di perdersi. Ma a me succede pure nella metropolitana, pure per strada.

Oggi, e lo confesso senza vergogna, ho variato leggermente la sequenza di treno- linea metro- bus a me più familiare, e sono scesa dalla metro 2 volte in più del normale: la prima lanciata da una falsa pista buttata lì per i più fiduciosi ed ingenui, ho seguito una galleria fino alla fine ed ho preso la metro nella direzione sbagliata.  Ma del resto andare dritti, a istinto, mi sembrava più sensato che svoltare a destra.

Una volta trovata la giusta direzione ho però sbagliato fermata. Nonostante viaggiatori più esperti, mi avessero più volte suggerito una soluzione ottimale, ad un certo punto ho alzato gli occhi dal mio libro e presa da un panico improvviso, forse uno sbalzo ormonale (funziona bene in ogni contesto), mi sono precipitata fuori dal vagone, credendo che fosse giunto il momento di scendere. Quando, sulla banchina, per la prima volta ho notato l’infido cartello della stazione, con nome di 14 metri per 24, mi sono detta che la cartellonistica fosse ingannatrice e pronta per un serio reclamo ho fatto dietro front.

Quanto alle strade a piedi non ne parliamo. Ho fatto per 5 anni la stessa strada a piedi per arrivare al liceo, finché il giorno della maturità, quando stavo per sublimare e per il caldo e per la tensione, una mia compagna deliziosamente mi suggerì di usare un ponte, costruito non per l’occasione, che permetteva di attraversare la ferrovia invece di circumnavigarla, evitando 20 minuti di strada in più. Mi sembrò all’epoca di dominare la strada, tanta era la soddisfazione per essere uscita dagli schemi. Una grande gioia che ho cercato di bissare in seguito, ma senza grandi risultati: da quel giorno, dopo l’esame, non vidi mai più quel ponte e nemmeno la mia amica. Non so se i fatti siano legati, ma l’eccessiva complicità fra i due, già all’epoca, effettivamente mi insospettì.

Confesso di aver “perso” più volte la macchina. Cioè di non averla ritrovata subito dopo certe commissioni, scatenando due fenomeni:

1.il terrore nei passanti che, sentendomi dire al telefono che la macchina non c’era più, possono aver pensato ad un drastico innalzamento di furti e criminalità in città.

2. l’ottuso sarcasmo di mio marito, che normalmente commenta la performance pontificando “ io almeno me perdo le chiavi, e non tutta la macchina”

In questo preoccupante fenomeno della sparizione delle auto, posso dire però, e lo affermo con grande orgoglio, di essere in buona compagnia. La mia dolcissima amica, la Perla di Erchie, mi ha raccontato di aver vagato per interminabili minuti lungo una strada infinita alla ricerca della sua vettura. Lei sola, eroica, nel sole, grondando panico e disperazione, e brandendo nella mano come unica risorsa un tubetto di colla del figlio. Non so perché avesse quella colla, e a tratti ho pure temuto che l’evaporazione della stessa potesse averle offuscato i sensi, ma essendo risultata in seguito negativa ad ogni test, abbiamo convenuto che fosse colpa della strada, troppo lunga e con un paesaggio monotono. Camminava solo in direzione sbagliata. Ma lei lo ha confessato, e l’amicizia fa questo, quando la vostra autostima ha un momento di drastico abbattimento, parlare con gli amici vi aiuta. Non so, sinceramente, se il suo racconto abbia fatto del bene più a lei o a me. In ogni caso, quando certi giorni mi sento un po’ disorientata mi dico due cose: “resisti nelle difficoltà, per essere d’esempio“, e mi sento in ciò ispirata dalla sua coraggiosa confessione; e “ mai uscire con la colla ad agosto”, almeno finchè la scienza non abbia fatto chiarezza.

Quindi concludo questo post dicendovi: siate fieri del vostro perdervi; siate, felicemente confusi, per poi ritrovarvi, orgogliosi della vostra tenacia.  E non fate come quei mariti che fanno chiedere indicazioni alle mogli, possibilmente in lingua straniera, restando indietro e ricongiungendosi con la coniuge solo 20 minuti più tardi…per non destare sospetti…

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