La Valigia

30 Ago 2020 | Caro diario

Stanotte, ho fatto un sogno terrificante. Ho sognato un mostro dalla bocca enorme, più o meno di un metro per un metro e trenta, che se ne stava con la bocca aperta, rigurgitando roba, difficile da distinguere. Una creatura che sembrava impossibile da domare, finché, presa da uno slancio di ardore e coraggio, mi ci sono seduta sopra.

Ho sognato, per dirla in due parole LA  VALIGIA.

Ogni anno, quando sono finalmente in procinto di abbandonare la mia routine quotidiana, che siano pochi giorni o settimane, lei, la valigia, diventa il mio incubo ricorrente.

Perché? Perché è un fenomeno, una catastrofe che si abbatte su di me, senza che io possa aver alcun controllo.

Ma cominciamo dal principio.

Voi, allegramente, progettate la vostra vacanza. Se è una partenza in team, ed i componenti del nucleo familiare non sono ancora svezzati dal punto di vista del bagaglio, cominciate a scrivere liste di cose probabilmente utili, per più persone.

Ma quali sono le cose veramente utili? Sono anni, che me lo chiedo. Ho scritto email alla legione straniera, a corpi d’assalto internazionali e a noti sopravvissuti da naufragi ed ammaraggi presso isole deserte, per avere suggerimenti, ma purtroppo non sono mai arrivati. Ho pure riletto Robinson Crusoe, prendendo appunti, ma ne ho ricavato poco: solo molta confusione sull’uso ambiguo del nome Mercoledì.

Quindi, premesso che non c’è una regola preliminare alla preparazione dei bagagli, confesso di essere andata a braccio per tanto tempo.

Ed ho cercato di seguire la logica: mare = vestiti leggeri; montagna = maniche lunghe e scarponi.

Ho pure approfondito, con studi seri e rigorosi, le mie conoscenze su fauna e flora locali (in almeno 6 habitat diversi); variazioni della Corrente del Golfo negli ultimi 30 anni; ho fatto ricerche pure sui copricapo rituali di certe zone sconosciute del nostro pianeta (per essere sempre adeguata in ogni circostanza anche imprevista e non preventivata). Ma niente. Così seguo sempre lo stesso copione.

Il primo capitolo affrontato è normalmente FARMACIA.

Ho un figlio allergico più o meno a tutto, quindi preparo una borsetta con Cortisone, antistaminico, fiale, fialette spray. La borsetta che mia figlia più piccola ha giustamente ribattezzato la BORZZZINA DEL TOSSICO INDIPENDENTE. E questo già mi spinge a varie riflessioni:

  1. non capisce ancora la distinzione fra “S” e “Z”
  2. questa immagine del “Tossico indipendente” ha un che di romantico, una raffinata commistione di dipendenza e pulsioni libertarie.

Comunque, questa borsetta dal contenuto discutibile, la metto in valigia per prima.

Poi, passo ai capi di abbigliamento. Ovviamente, se vado in montagna metto: T-shirt, felpe, pantaloni da escursioni, mutande mutande mutande, calzini.

Altrettanto logicamente, se il mare è la nostra destinazione, ripongo in valigia: T-shirt, pantaloncini corti, una felpa sola, mutande mutande mutande, stavolta senza calzini.

Quando sono soddisfatta, e finalmente vedo la luce alla fine del tunnel, lo comunico a mia madre o a mia suocera e loro puntualmente commentano: “mettece pure qualche canottiera”.

Canottiera? Ma se la temperatura normalmente è di 42 gradi…Preciso: “ma vado al mare!”

Enigmatiche come la sfinge a turno sentenziano: “ma nun se sa mai!”

Okay! A questo punto capisco che il must è “mutande mutande mutande, e canottiera” a prescindere da ogni cosa.

Però, debellata la piaga canottiera, sembra che la situazione sia a posto. E comincio con le scarpe.

Per duemila anni la gente è andata in giro in sandali, pure per fare la guerra nella selva di Teutoburgo, ma a noi servono scarpe per ogni attività: sandali, se fa caldo, scarpe da ginnastica, se pioviccica, scarpe da trekking per la montagna. Meno male che non andiamo a cavallo, altrimenti gli stivali prenderebbero il mio posto sul sedile a fianco del guidatore. Ma del resto se andrò mai a cavallo, lo farò così, wild e romantica a piedi nudi. Pace.

Quando anche la voce scarpe è depennata passo a: suppellettili e varie. Spazzola, saponi a ph neutro, asciugacapelli e tanto altro, fino a che la valigia, vedendo lo spazzolino da denti dei miei figli vomita.

Sono pronta però a chiuderla, quando una nube di tempesta si addensa sulla mia testa: l’inaspettato cambiamento del meteo. Se avevo preparato tutto in una prospettiva Sahara, il meteo tuonerà: temperature in drastico calo. Freddo sul litorale di vattelapesca come mai negli ultimi 50 anni.

Se vado in montagna: caldo improvviso, temperature in vertiginoso aumento. Roba che a sentire il meteo, lo scioglimento dei ghiacci alla fine dell’era glaciale è stato meno invasivo.

Ce la posso fare, mi dico e scelgo una via hippy, moderna, un po’ fusion. Ma fusion fa rima con confusion. Ed inizia l’improbabile combinazione. Andranno al mare con felpa, ma sotto niente, solo mutande, mutande mutande. Oppure in montagna con asciugamano da mare sulle spalle invece che giacca impermeabile. A questo punto, potremmo andare ovunque, e non essere mai a posto comunque. Piango, maledico i cambiamenti climatici, abbraccio la valigia che rigetta malconcia. Ma poi ritrovo la forza e quando tutto sembra rientrare in un precario equilibrio, leggo sul sito internet dell’albergo: possibilità uso piscina! Come la piscina? Sono molto scossa. “Maledetti”, impreco, “la piscina a 2000 metri !!!”, e riparte il carrozzone. Alla fine dopo 24 ore, la valigia è ridotta allo stato di una precaria torre di Babele, ma è chiusa. Ci sto seduta sopra, fiera del traguardo raggiunto. Allora , solo allora, mi accorgo che per me  e mio marito non ci ho messo una beneamata ceppa. La piscina a 2000 metri mi ha tolto ogni possibilità di salvezza. E allora?

Allora viaggeremo, dormiremo, e faremo il bagno in piscina con lo stesso outfit. Tanto la cosa importante sono le mutande, e credo di avercele messe. Credo, ma lo scopriremo quando saremo lì.

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