Devo ammettere che le vicissitudini degli ultimi mesi hanno un po’ appesantito la mia situazione, e per quanto io non sia una fissata delle prova costume, ho deciso per una serie di motivi di iniziare con un po’ di attività fisica: innanzitutto c’è un discorso di salute e benessere mentale; poi c’è il FATTORE 23. Il FATTORE 23 non è una particolare sequenza genetica e non è un’incognita matematica. Il fattore 23 è un parametro vitale, fondamentale per chi abita a Roma. È la capacità di resistenza e/o sopravvivenza alla corsa che vi separa dall’autobus già arrivato alla fermata. Perché correre in certi casi vi può salvare la vita, soprattutto se avete a che fare con autobus di cui si vocifera l’esistenza e che come una cometa passa una volta, ma non si sa se si ripresenterà mai più. Ultimamente il mio fattore 23 è sceso ai minimi storici ed un paio di settimane fa mentre rincorrevo il bus ero così affaticata che, una volta salita sul mezzo, ho cominciato ad ansimare. Sembravo quasi un gatto in procinto di sputare la palla di pelo e consapevole dell’effetto che ciò aveva sugli altri passeggeri ho deciso di trovare un’attività fisica semplice da fare a casa. Ed ho scoperto che online ci sono soluzioni straordinarie.
Ci sono discipline dai nomi esotici che rievocano le tradizioni di antichi popoli orientali e ci sono istruttrici dai nomi singolari, nomi multipli e complessi che si pongono grandi obiettivi e promettono grossi risultati. Così sono venuta a sapere che seguendo un programma sistematico di esercizi, a tot minuti al giorno, puoi arrivare a fare delle spaccate da professionista fino ad aprirti in due come un libretto. Certo suona allettante e vagamente afrodisiaco, però è pure vero che se vi spaccate in due come una mela , ma poi chi potrebbe essere in grado di rimettervi insieme? Nel mio caso quasi nessuno. Quindi ho subìto il fascino dei racconti di chi ha seguito il programma, ma poi sono rimasta così, in grado di fare una spaccata imbarazzante larga due mattonelle ed elastica come la corteccia di una quercia. Ci sono anche esercizi mirati per ridurre quelle ciccette che si formano nell’interno coscia; e ci sono dimostrazioni incredibili in cui le atlete arrivano a spremere un’arancia con l’interno coscia, tanta è la forza che i muscoli sviluppano. Però per quanto l’idea mi fosse sembrata all’inizio interessante, lo sguardo atterrito di mio marito mi ha fatto desistere. L’ansia gli cresceva, mentre maturava sempre di più la convinzione che avere una moglie con una sorta di schiaccia sassi sopra il ginocchio, non fosse esattamente il sogno proibito del rispettivo coniuge.
Allora ho cercato qualcosa che fosse meno d’impatto! E grazie a delle fonti autorevoli, sono venuta a conoscenza di un corso su nuove tecniche di respirazione tenuto da una professionista del settore con un nome altisonante. Una roba composita che non ricordo bene, ma che suonava tipo Susanna Maria della Jolanda. Da questa pioniera e dalle sue adepte ho scoperto che ci sono diverse tecniche di respirazione. Si può respirare non solo con due narici, ma con una a turno o con nessuna; poi si può respirare con il diaframma e se ti concentri bene, alla fine, si può respirare più o meno con ogni parte del corpo. La cosa inizialmente mi ha rapito: le normali vie della fisiologia tradizionale sembravano cancellate. E poi suonava singolare, ma rilassante. Tuttavia, ho capito quasi subito come non facesse per me. Ho una narice mezza tappata e questo percorso relax mi avrebbe portato ad una pericolosa apnea: prima ad essere paonazza ed annaspare e poi a boccheggiare come una carpa fuori dall’acqua. Quindi respirazione new age, bye bye.
Cercando soluzioni meno riflessive ed apparentemente più accessibili ho optato poi per i ritmi più sostenuti dello zumba. Ma santo cielo stanno troppo avanti!! Già al corso base principianti, giravo su me stessa come una tarantolata e zampillavo sudore come una fontana barocca. Ho pure capito che ho un problema con la destra e la sinistra ed ho scoperto che il mio corpo reagisce alla musica in modo curioso: risponde a scatti poco armoniosi, tipo scosse. Allora mi sono data allo Yoga in casa: per un periodo ho fatto il cane, il gatto, il pesce, l’albero e la montagna; ma poi ho sviluppato seri problemi di identità e di autostima, trovandomi troppo poco elastica nello srotolarmi. Così alla fine mi sono detta che per me raggiungere un equilibrio fisico e metafisico, fosse un traguardo troppo ambizioso. E allora? Allora ho riscoperto lei, la cyclette. La cyclette, a dire il vero, è sempre stata lì, ma l’avevo dimenticata. Caduta precocemente in disuso è stata sepolta col tempo da montagne di vestiti; è diventata il porta stampelle per le camicie stirate e ci abbiamo appeso di tutto: borse, zaini e varie. Ma nel momento di grossa crisi ginnico-sportiva che stavo attraversando, ho deciso di riportarla alla luce. Abbiamo iniziato così un nuovo percorso insieme: lei cigola come un cancello ingrippato, io pedalo in modalità slow motion. Io, tuttavia, sono fiduciosa e penso che insieme ce la faremo. Certo, la strada è lunga, fatta di traguardi difficili da raggiungere ed al momento di poche vittorie; ma con po’ di pazienza e dedizione prima o poi toccherò i 20 km/H mantenendo la mia dignità. Intanto, però, mi godo la mia pedalata lenta, e se pensate che l’opzione cyclette a rallentatore sia da atleti un po’ attempati ricordate il detto: “chi va piano va sano e va lontano”
e allora buona pedalata a tutte le pigre come me!
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