Carlo era un uomo molto particolare e difficile da decifrare. Non era bello, ma estremamente piacevole nei modi. Agli amici ed ai parenti, dava l’impressione di essere uno di quegli uomini accomodanti e sempre paciosi che è un piacere frequentare.
Quello che la gente non capiva però era che Carlo era un indeciso cronico e che quindi la sua disponibilità, il suo essere accomodante, nascevano dalla sua incapacità a prendere decisioni: non sapeva prendere l’iniziativa e non era in grado di opporsi a quelle prese dagli altri. Lui era sempre stato così. Da neonato aveva costretto i genitori a nove mesi di notti insonni, perché piangeva, piangeva continuamente. Ed a nulla valevano gli sforzi dei due sfortunati che lo cullavano, abbracciavano, sfamavano: lui non sapeva scegliere fra il biberon, il rilassante movimento della culla e le braccia della mamma e così finiva col piangere incessantemente. Da ragazzino migliorò leggermente, o quantomeno mostrò un approccio meno drammatico nel districarsi fra certe scelte essenziali, optando all’occorrenza per il mangiare o il dormire con una certa serenità e senza lacrime.Nel “socializzare”, invece, la sua mancanza di risolutezza rimase un grosso problema più a lungo. Lui non riusciva a scegliere tra feste ed amici, così prometteva a tre o quattro compagni contemporaneamente di andare a casa loro o alla loro festa di compleanno. Era indeciso su quale invito accettare ed una volta accettati tutti non sapeva dove andare, così la mamma finiva col disdire tutto con patetiche scuse rifilate al telefono.
Alla fine delle scuole medie non si sentiva pronto a scegliere la scuola e così, nell’indecisione, le provò tutte prima di trovare pace: per un anno frequentò il liceo artistico; poi fu la volta del classico e dopo un anno di psico pedagogico approdò infine al tanto agognato liceo scientifico. Ovviamente era rimasto in contatto con gli ex compagni di ciascun percorso erroneamente intrapreso. Quindi un sabato al mese declamava versi latini al circolo di lettere antiche; partecipava a corsi di pittura e disegno creativo una volta l’anno e per anni fece il volontario in un centro di ascolto per ragazzi difficili. E così uscire con Carlo diventò un’impresa. Tutti lo volevano e lui era pure disponibile, ma alla fine nessuno riusciva ad afferrarlo: prendeva troppi impegni.
Con le donne per questo motivo non aveva un gran successo. Certo, aveva un bel fisico ed un viso molto particolare. Il naso aquilino e la mascella pronunciata rendevano il suo volto nel complesso duro,e l’insieme suggeriva la tempra di un uomo deciso che sapeva dosare risolutezza e comprensione grazie a dei modi garbati. Insomma, le aspettative erano grandi ma Carlo raramente risultava all’altezza: per dire a tutti “Sì”, alla fine scontentava quelli che avrebbe dovuto accontentare. Questo problema non tardò a presentarsi con la, anzi, le sue due fidanzate Tosca e Lucrezia. Prima conobbe Tosca che gli faceva una corte spietata. Lui non capiva il perché, ma ovviamente lei glielo spiegò, non una, non due, ma ben tre volte. Gli disse apertamente che vedeva di buon occhio una relazione tra loro due perché lui era sensibile alle necessità delle donne come nessun altro. E lui non seppe contraddirla.Così la relazione andò avanti per un po’, seppur platonicamente.
Ma poi accadde che Carlo incontrò Lucrezia e non fu in grado di dire di no nemmeno a lei. Lucrezia rimase subito affascinata dai mille interessi di lui, e da brava iperattiva quale era, gli fece allungare la lista. Carlo, da parte sua , trovava Lucrezia facile da frequentare, perchè sceglieva sempre lei che cosa fare, liberandolo così dall’impaccio dell’indecisione. Tuttavia un dubbio lo tormentava: amava Tosca o Lucrezia? o forse tutte e due? oppure nessuna? E mentre cercava una risposta ai suoi interrogativi, continuò a frequentarle entrambe. Finché un giorno incapace di dire di no accettò dalle due ragazze lo stesso appuntamento, nello stesso posto ed alla stessa ora. La frittata era fatta e dopo aver realizzato in che guaio si trovasse, telefonò a sua madre chiedendole di inventare una scusa, magari un improvviso mal di pancia, e chiamare le due belle per riferire loro dello sfortunato inconveniente.
Lei riagganciò senza proferire parola. Così senza preavviso Tosca e Lucrezia si trovarono da sole al ristorante, sedute senza accompagnatore a due tavoli vicini. Dopo pochi minuti di conversazione diventarono già buone confidenti e constatarono insieme come gli uomini fossero tutti uguali, incapaci di prendere decisioni serie. “Incapaci di prendere impegni, anche quelli più buoni”, si dicevano senza sapere che non erano tutti gli uomini ad essere uguali, ma era quello in particolare ad essere lo stesso. Carlo indeciso su quale delle due ragazze chiamare per scusarsi, non ne chiamò mai nessuna e così la storia finì.
Gli altri Racconti Brevi di Latte e Biscotti:
LIA, Parte I
GIANNI, Parte II
LORENA, Parte III
CARLO, Parte IV
L’ASCENSORE, Parte V
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